Nel corso dell’incontro estemporaneo del 16 settembre u.s. nell’ambito della V Conferenza nazionale sulle politiche per la disabilità, la sottosegretaria al Welfare Biondelli aveva richiesto ai presenti a tale incontro un documento che spiegasse cosa si intende per “vita indipendente”.
Pubblichiamo di seguito il documento già fatto pervenire alla sottosegretaria Biondelli.
Definizioni e contenuti della “vita indipendente” o “vita autodeterminata” per le persone disabili
“Vita indipendente” non è un semplice modo di fare diversamente la tradizionale assistenza personale, né vivere comunque fuori dal nucleo familiare di origine. “Vita indipendente” significa che anche i “disabili” hanno il diritto nonché la capacità – se fornite degli aiuti necessari e adatti a ognuno – di vivere come le altre persone, indipendentemente dall’età.
In tal senso, va citato quanto autorevolmente sostenuto dal Presidente della Repubblica nel suo messaggio alla V Conferenza nazionale sulle politiche per la disabilità: “La vita indipendente di ogni cittadino è infatti il presupposto dell’inclusione sociale e del pieno esercizio dei suoi diritti”.
Assistenza personale autogestita prerequisito essenziale per la vita indipendente
Le persone con gravi disabilità necessitano dell’aiuto di altre persone per compiere atti che sono spazi insopprimibili della libera autoorganizzazione della vita individuale quali, fra l’altro, alzarsi da letto, lavarsi, vestirsi, bere, mangiare, andare in bagno, gestire la casa, uscire, svolgere attività di studio o di lavoro, relazionarsi con altre persone, esercitare il ruolo di genitore, comunicare con gli altri, esprimere i loro desideri e pensieri seppur in modi diversi da quelli di “norma”, partecipare alla vita collettiva sociale e politica,vedere o sentire in modi alternativi, formarsi e manifestare il proprio pensiero, godere del tempo libero, coricarsi.
L’assistenza personale autogestita consiste nella disponibilità di personale – pagato e gestito dal singolo utente con soldi pubblici a ciò specificamente destinati – per aiutare la singola persona disabile a compiere quelle operazioni (alcune sono elencate poco sopra)che la persona disabile ritiene di non poter fare da sola.
L’assistenza personale autogestita risponde ad esigenze non sanitarie, e va distinta da quella infermieristica, che fornisce risposte medicalizzanti. Si può parlare di assistenza personale solo se la persona con disabilità ha la possibilità di avere un totale controllo sui propri assistenti. Con la parola controllo si intende una serie di sottoarticolazioni quali, fra l’altro: la scelta del proprio assistente, la possibilità di scegliersi l’assistente più appropriato rispetto alle situazioni che di volta in volta si manifestano, in piena libertà e senza l’obbligo di limitarsi a elenchi definiti, la possibilità d’istruirlo, di decidere mansioni ed orari e se e quando licenziarlo.
Per la vita indipendente, solo il singolo disabile può decidere quali assistenti vanno bene per lui, o lei. Quindi, obbligare i singoli disabili a farsi aiutare solo da assistenti personali accreditati dalle istituzioni è uno dei modi per trasformare la vita indipendente peggio che in una prigione.
Le libertà inviolabili
La vita indipendente è dare i soldi ai singoli disabili per la propria assistenza personale, in modo che siano loro a decidere della propria vita come tutti. Non è dare i soldi a cooperative e associazioni creando così nuovi centri di potere.
Vita indipendente è vivere come gli altri, cioè nelle stesse condizioni di libertà secondo i principi degli articoli 2 e 3 della Costituzione. Quindi, vita indipendente non deve significare che – attraverso le “fondazioni di partecipazione” – le istituzioni preposte all’assistenza sociale si approprino di ciò che i genitori ci lasciano dopo aver fatto enormi sacrifici.
La Convenzione Onu sui diritti delle persone disabili è molto chiara sul fatto di vivere come gli altri. In Italia, quasi tutte le persone vivono in normali appartamenti con il proprio partner o da soli. Quindi, vita indipendente non è “co-housing” obbligatorio né nuove strutture residenziali.
La vita indipendente è una questione di libertà fondamentali e inviolabili riconducibili all’articolo 2 della Costituzione.
Cioè a dire che, nonostante la presenza di alcune difficoltà fisiche, mentali, sensoriali o psichiche, è di estrema importanza poter esercitare in concreto nella vita quotidiana le libertà fondamentali garantite come inviolabili dalla Costituzione e da altri testi sovranazionali e internazionali.
Ad esempio, andare a letto la sera all’orario scelto dal soggetto è senza dubbio un elemento fondamentale della libertà personale, che viene negato soltanto a chi è in carcere. Però, se un “disabile” ha necessità di assistenza personale per andare a letto, e questa non è concretamente disponibile all’orario scelto dal soggetto, al “disabile” viene negata tale libertà fondamentale.
Anche poter scegliere quale cibo comprare e come cucinarlo è una questione di libertà fondamentali. Pure questa è negata solo ai carcerati. Però, se un “disabile” non ha l’assistenza personale idonea nella quantità e nella qualità, questa libertà personale viene negata al “disabile”.
E ancora, poter partecipare ad una manifestazione politica è senza dubbio un diritto fondamentale garantito a tutti, se non altro, da varie disposizioni costituzionali. Di sicuro, ognuno dei maggiori partiti politici avrebbe molto da ridire se, ad esempio, organizzasse una manifestazione politica in un determinato luogo e, per risparmiare, le aziende di trasposto pubblico locale cancellassero tutte le linee dell’autobus che vanno in quel luogo negli orari attinenti a tale manifestazione. Però ad un “disabile” viene negata in concreto la possibilità di esercitare tale diritto fondamentale se, per risparmiare, gli viene negata l’assistenza personale.
E così pure è una libertà fondamentale non essere costretti ad avere in casa propria in maniera persistente persone che risultano insopportabili. Anche questo non accade con la vita indipendente, ma può accadere con l’assistenza personale inviata dagli enti preposti.
Un altro aspetto fondamentale della libertà personale è poter avere l’igiene intima come desidera il soggetto stesso. È un diritto fondamentale, che viene garantito anche agli ergastolani e pure a chi si trova nel braccio della morte nelle prigioni degli Stati Uniti. Ma questo diritto viene negato al “disabile”, se non gli viene consentito di avere l’assistenza personale secondo i canoni della vita indipendente.
Da tutto ciò consegue che le istituzioni non possono e non devono trattare i singoli disabili gravi in enorme difficoltà con un fiscalismo che forse la guardia di finanza usa nei confronti delle imprese commerciali.
Ed è altrettanto chiaro che – trattandosi di esercitare in concreto i diritti inviolabili – la vita indipendente non può sottostare a limiti di età.
È anche una questione di salute mentale
Ogni persona normodotata si lava, si veste, ecc. come vuole in automatico, senza doverci pensare, e senza doverlo dire ad alta voce. Questo diritto fondamentale è acquisito come garantito ad ogni persona normodotata, compresi gli ergastolani e i reclusi nel braccio della morte.
Viceversa, per ottenere di lavarsi e vestirsi come desidera, un “disabile” deve pensarci in ogni dettaglio e dirlo all’assistente in ogni dettaglio.
A ciò va aggiunto che, se l’assistente ha un modo d’intendere le cose radicalmente diverso da quello desiderato dal “disabile”, può essere comunque impossibile ottenere quanto desiderato più che legittimamente dal “disabile”. In più, se l’assistente non ha determinate capacità di capire e rispettare il prossimo, per potersi lavare e vestire come desidera, il “disabile” può trovarsi costretto a doverlo dire in continuazione tutti i giorni.
È evidente che in tal modo ne va di mezzo la salute mentale del “disabile”, per cui spesso il “disabile” non ce la fa, e viene violato nell’inviolabile. Basta rifletterci seriamente per rendersi conto di questo. Ciò può accadere con l’assistenza decisa da altri, ma non accade con la vita indipendente.
A questo punto, dovrebbe essere molto evidente che è assolutamente contro la Costituzione stanziare 90 milioni di € per il “dopo di noi” e 15 milioni di € per tutti i disabili che in Italia vogliono fare vita indipendente.
Non può esserci la delega
Dunque il tema della vita indipendente non può essere delegato ad altri. Ovvero soltanto il diretto interessato può decidere in tema di vita indipendente, cioè sulle qualità e quantità necessarie per l’assistenza personale, gli ausili, l’accessibilità, ecc..
In altre parole, se si tratta di decidere il percorso di una nuova strada, di una nuova linea di bus, ecc., forse può essere legittimo ascoltare i diretti interessati e riportare la sintesi dell’ascolto attraverso dei rappresentanti, che possono trovarsi a dover raggiungere dei compromessi.
Viceversa, se si tratta di come il singolo soggetto si vuol lavare, vestire, mangiare, partecipare ad attività politiche o socioculturali ecc., è evidente che nessun rappresentante può decidere per lui, e tanto meno raggiungere dei compromessi al suo posto. È una materia in cui può decidere solo il diretto interessato.
Ad esempio, le rappresentanti femminili presenti nel Governo e nel Parlamento potrebbero forse essere interessate se altri colleghi maschi, eventualmente esperti in materia, illustrassero le caratteristiche chimiche e fisiche di differenti assorbenti femminili. Ma nessuna di queste rappresentanti femminili accetterebbe che un collega decidesse per lei quale assorbente femminile deve utilizzare. In altre parole, quando si tratta di libertà inviolabili, la delega non regge, vale solo il diretto interessato. E soltanto questa persona è la vera esperta nello specifico.
In tal senso, deve essere tenuto nella massima considerazione anche il fatto che la Convenzione dell’Onu sui diritti delle persone disabili è la prima ad essere stata scritta dai diretti interessati. L’Onu ha pagato i viaggi e i soggiorni a New York di tanti “disabili” (e dei loro assistenti personali), perché è stato ritenuto dovessero esser loro in prima persona a scrivere la Convenzione. E alla fine il presidente del Comitato ad hoc, che ha steso la Convenzione, ha sottolineato che è stato decisivo il ruolo dei “disabili”.
Questi sono alcuni dei motivi fondamentali per cui il significato della vita indipendente – o il suo contenuto, sia teorico che concreto – non può essere stabilito dalle persone “normo-dotate”. Si tratta di una questione ormai acquisita pacificamente a livello internazionale.
Quindi, è inammissibile che le recenti Conferenze – regionale della Toscana e nazionale – svoltesi a Firenze nel mese di settembre 2016 siano state organizzate senza avere cura che almeno sulla vita indipendente sia i relatori sia il pubblico fossero composti da disabili che la praticano o cercano di praticarla.
I diritti inviolabili non possono essere soggetti a compartecipazione alla spesa
Alla luce di tutte queste considerazioni, è agevole dedurre che il lavoro degli assistenti personali costituisca spesso il solo modo per garantire ai disabili l’esercizio concreto dei diritti di libertà che la Costituzione riconosce e garantisce a tutti i cittadini. Ne consegue che tale lavoro vada un minimo riconosciuto.
Perciò, non è affatto eccessivo sostenere che – per fare davvero vita indipendente e svolgere appieno tutte le azioni della vita – ad un “disabile” con molte necessità di assistenza personale possano occorrere anche € 150.000.00 annui. E, trattandosi di garantire l’attuazione in concreto dei diritti umani, l’assistenza personale per la vita indipendente non deve essere considerata un aiuto al reddito. Di conseguenza, anche considerati tutti gli altri maggiori costi che la presenza di gravi disabilità impone ad una persona per vivere in condizioni di libertà comparabili con quelle delle altre persone, le prestazioni di assistenza personale per la vita indipendente non possono essere assoggettate alla compartecipazione alla spesa. Si veda in proposito il libro di Belli “Vivere Eguali”, Franco Angeli editore, 2014. Il volume è frutto di una ricerca commissionata da ENIL Italia all’Istituto di teoria e tecniche dell’informazione giuridica del Consiglio Nazionale delle Ricerche.
Contro le imposizioni
Sia chiaro che, come a suo tempo Adolf Ratzka disse ai servizi sociali svedesi, noi non vogliamo imporre a nessuno la vita indipendente. Il fatto è che democrazia è rispetto dei diritti fondamentali di tutti, anche qualora siano delle minoranze. Se poi altri hanno necessità dei tradizionali istituti sotto una nuova veste, noi non vogliamo imporre nulla a loro. Però, non si deve imporre niente neanche a noi. E, per non imporlo, devono essere stanziate risorse adeguate per garantire concretamente i diritti fondamentali e rendere effettiva la libertà di scelta.
Agenzie per la vita indipendente
In tutti i Paesi in cui la vita indipendente è realtà consolidata, esistono e funzionano centri o agenzie per la vita indipendente gestiti solo da persone con disabilità con esperienza diretta in materia. Ciò perché, per poter vivere in modo indipendente con le “disabilità”, le difficoltà da superare sono molte e in tutto il mondo il sostegno di queste agenzie si è dimostrato essenziale.
Tra le attività di tali agenzie o centri per la vita indipendente, una delle più fondamentali consiste nel fornire “consulenze allapari”.
Il Movimento internazionale per la Vita Indipendente sostiene che solo persone con disabilità possono dare ad altre persone con disabilità consigli utili e corretti su molti aspetti importanti per condurre una vita autodeterminata, quali come scegliere assistenti personali e come comportarsi con loro, scelta e uso degli ausili tecnici, equilibrio tra assistenza personale e mezzi tecnici per far le cose da soli, ecc.. La vita autodeterminata si intende anche per persone con disabilità cognitive e psico-sociali. Ciò si ottiene in modi alternativi a quelli “di norma” e che tradizionalmente vengono in automatico in mente e la presenza di un assistente personale preparato e formato per aiutare la persona disabile a prendere decisioni importanti senza imporle né prenderle al posto di essa è fondamentale ed è la chiave per ottenere tale vita autodeterminata. Tutto ciò si basa sul postulato che i consigli sono più sicuri e credibili se dati da chi vive o ha vissuto in condizioni simili a quelle di chi li riceve. Non vediamo perché tale principio comunemente accettato non debba valere per le persone con disabilità.
La condizione di persone con disabilità è requisito indispensabile ma non sufficiente. I “consiglieri allapari” sono persone con disabilità con esperienza e competenza adeguate e proprio per questo capaci di fornire consulenze ed informazioni utili e corrette ad altre persone con disabilità.
Altre attività molto importanti delle agenzie per la vita indipendente sono l’aiuto ai singoli disabili per la gestione burocratica degli assistenti personali, l’organizzazione di incontri di autoconsapevolezza dei disabili, la tenuta di elenchi di persone disponibili a lavorare come assistenti personali, organizzazione e svolgimento di specifici corsi di formazione rivolti a queste ultime tenuti in prevalenza da docenti con gravi disabilità.
È necessario che anche in Italia si attivino e finanzino agenzie per la vita indipendente con tali caratteristiche.
A tal proposito, si segnale che nel 1999, sulla base di un progetto cofinanziato da Unione Europea e Regione Toscana, l’Associazione Vita Indipendente ONLUS della Toscana aprì un’agenzia di questo tipo che attualmente non può svolgere adeguatamente il suo ruolo per mancanza di finanziamenti.
Network Europeo sulla Vita Indipendente ENIL
ENIL Italia ONLUS
Associazione Vita Indipendente ONLUS
Associazione Toscana Paraplegici ONLUS
Associazione Paraplegici Aretini ONLUS
Associazione Paraplegici Livorno ONLUS
Comitato lombardo per la vita indipendente
Associazione Vita Indipendente Bassa Val di Cecina ONLUS
Centro Studi e Documentazione sull’Handicap – Pistoia
Associazione Paraplegici Siena ONLUS
Associazione Habilia ONLUS